INCONTRO CON FABIO ROIA
Grand Hotel della Posta di Sondrio
Un intermeeting davvero interessante quello che si è tenuto venerdì 13 novembre 2015 tra il nostro Club, il Lions Club Tellino, il Rotary Club Sondrio, Soroptimist e l’Associazione “Tua e le altre”, su un tema di scottante attualità, “La violenza contro le donne raccontata da chi deve giudicare”.
Dopo la cena ed i saluti dei Presidenti delle varie associazioni, Massimo Moltoni per il nostro Club, Lorenzo Tavelli per il Masegra, Salvatore Ambrosi per il Rotary, Sandra Pelizzatti per Soroptimist e Beatrice Barbetta per l’Associazione “Tua e le altre”, ci siamo riuniti nella sala conferenze dell’Albergo per ascoltare il relatore presentato dal nostro socio Francesco Saverio Cerracchio, Presidente emerito del Tribunale di Sondrio.
Fabio Roia è stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2006 al 2010. Prima di tale esperienza ha svolto le funzioni di Pubblico Ministero presso la Pretura ed il Tribunale di Milano, interessandosi, in particolare, di reati a sfondo sessuale. Ritornato all’attività giudiziaria ha svolto e sta svolgendo funzioni giudicanti sempre presso il Tribunale di Milano, diventando Presidente della Sezione di Milano per le misure di prevenzione.
Il relatore ha esordito affermando che il magistrato deve, innanzitutto, calarsi tra le persone, vivere la realtà quotidiana, rifuggendo dal chiudersi nella torre di avorio della sua “casta”.
Con l’ausilio di un filmato ha mostrato come la “visione della donna” nella pubblicità sia passata da quella della casalinga tutta affaccendata tra le mura domestiche nell’attesa del rientro del “maritino” dei tempi del Carosello, a quella di donna oggetto, simbolo sessuale per eccellenza per stimolare la vendita dei prodotti pubblicizzati. La si vede, ad esempio, succintamente vestita in lussuose auto, con il messaggio subliminale secondo cui chi acquista quell’auto avrà successo con le donne.
Insomma, si è passati da una visione di donna “casalinga e un po’ cretina”, ad una pubblicità decisamente sessista.
Nel corso degli anni sono stati compiuti molti passi avanti nel campo legislativo, grazie anche al fenomeno del femminismo: l’introduzione del divorzio nel 1970, la riforma del diritto di famiglia nel 1975, l’abrogazione del delitto d’onore nel 1981, la trasformazione della “violenza sessuale” e degli “atti di libidine violenti” da delitti contro la morale pubblica a delitti contro la persona nel 1996, la nuova concezione del reato di maltrattamenti esteso anche a quello psicologico, grazie all’interpretazione giurisprudenziale.
La lentezza nell’evoluzione verso il riconoscimento della piena dignità della donna è dipesa dall’influenza della mentalità cattolica dominante in Italia.
“La violenza domestica esiste da sempre”, ha aggiunto Roia, “ora se ne parla di più sui media, perché la donna parla e denuncia di più”.
La famiglia, purtroppo, non è solo luogo di protezione, ma anche di pericolo, aggravato ora dall’uso di internet.
L’uomo spesso non avverte come qualcosa di contrario alla legge la violenza sulle donne, tanto è vero che, ancora negli anni ’90, a Roia era capitato di sentirsi dire da un uomo arrestato per questo genere di reati che “non sapeva che fosse vietato picchiare le donne”.
I dati statistici sono tremendi: in Italia 6.788.000 donne hanno subito violenze fisiche o sessuali, nel 62% dei casi dal partner; per il 51% riguardano donne separate o divorziate.
Le violenze in famiglia sono opera dell’uomo nel 98% dei casi, mentre per lo stalking l’80% è commesso dall’uomo, il 20% dalla donna.
Al 31 ottobre di quest’anno le donne uccise in Italia sono state 90, contro le 214 dell’anno scorso (questo è un dato incoraggiante, anche se ancora estremamente grave).
Una delle cause è data dal fatto che l’uomo non accetta che la donna possa ricoprire posti o incarichi superiori ai suoi o che abbandoni la famiglia per la separazione o il divorzio.
Le persone che commettono violenze sulle donne sono recidive al 95%, se non vengono istruite o rieducate, ma, dato altrettanto sconcertante, ancora il 20% delle donne crede che la violenza su di loro non sia reato.
Da un po’ di tempo, grazie anche alle associazioni femminili, le denunce sono aumentate. Le donne hanno però bisogno di avere un’immediata protezione, in quanto vi è ancora la tendenza, anche da parte delle forze dell’ordine, di sollecitare il perdono del marito, al fine di salvare la famiglia.
E’ necessario un cambiamento di mentalità, ivi compresa la denuncia da parte dei vicini che si accorgono della violenza che viene perpetrata nell’appartamento di fianco. “Spesso”, ha detto Roia, “i vicini chiamano, non per bloccare la violenza, ma solo per evitare di essere disturbati”.
Il violentatore non ha il marchio scritto in fronte, per cui tale figura si annida in tutte le classe sociali e, statisticamente, i professionisti sono ancora più “terribili”.
Vi è poi il problema che, normalmente, l’unico testimone è la donna stessa, con tutti i problemi connessi ai fini della prova.
L’evoluzione legislativa ha portato ad abolire la differenza tra atti sessuali e penetrazione, ora tutto è considerato violenza, salva la possibilità di applicare una riduzione di pena per i casi meno gravi (ad esempio palpeggiamenti in tram).
I violentatori non sono persone malate, ma hanno disturbi sociali.
Il 25 novembre è stato proclamato “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, per ricordare le tre sorelle rivoluzionarie Mirabal della Repubblica Dominicana che, nel 1960, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, vennero bloccate da agenti militari, condotte in un luogo nascosto, torturate, massacrate a colpi di bastone, strangolate e gettate in un precipizio a bordo della loro auto, per simulare un incidente.
Roia ha però detto che non gli piace che questa giornata, al pari di quella delle donne dell’8 marzo o altre, diventino momenti di business.
“Bisogna rifuggire dalla professione dell’antiviolenza un solo giorno all’anno, perché è un impegno che deve essere svolto ogni giorno” ha concluso il relatore.
Angelo Schena