LE ALPI: STORIE DI UOMINI, ANIMALI E MONTAGNE
LE ALPI: STORIE DI UOMINI, ANIMALI E MONTAGNE
(Albergo-Ristorante “Tremoggia” – Chiesa Valmalenco 30 gennaio 2019)
La sede prescelta, il ristorante “Tremoggia” di Chiesa Valmalenco, non poteva essere migliore, parlandosi di montagna. Lassù eravamo proprio immersi tra il Pizzo Scalino e le altre montagne che fanno da corona alla nota località turistica valtellinese al centro delle Alpi.
Il Presidente, Marcella Fratta, ha presentato il relatore, Marco Albino Ferrari, giornalista, scrittore, esperto di montagna, alpinista, direttore di riviste specializzate (Alp e Meridiani Montagne) e attuale curatore di CAST, la parte di “Castel Masegra” che verrà dedicata alla montagna.
Dopo l’ottima cena servitaci dall’ineffabile “Cesarino” Lenatti, l’oratore ha iniziato a parlarci delle Alpi, questa catena montuosa a forma di arco che è abitata da 16 milioni di persone E che ha la caratteristica di offrire modificazioni territoriali e ambientali, spostandosi soltanto, in altezza, di poche centinaia di metri, a differenza di quanto avviene in pianura dove, per vedere delle modifiche sostanziali, bisogna percorrere centinaia o migliaia di chilometri.
I 2500 m di altitudine costituiscono la linea della fine della vegetazione e del mondo abitato: tale spazio è stato, per secoli, ignorato perché inutile. La popolazione, di fronte a questa terra improduttiva, rimaneva o esterrefatta o impaurita, tanto è vero che nella cultura orientale, i monti erano il luogo degli dei. Ad esempio l’Everest ha due toponimi, uno tibetano (Chomolongma – Madre dell’Universo) l’altro nepalese (Sagarmatha – Dio del cielo), che individuano la cima più alta del mondo come dimora degli dei. I toponimi, nella cultura occidentale, avevano invece connotati negativi (Mont Maudit, Monte Maledetto, per riferirsi al Monte Bianco).
Solo con l’illuminismo, nel 18° secolo, gli uomini incominciano ad interessarsi delle montagne, si studiano i minerali, i fossili e si scopre così che il mondo ha un’esistenza molto più datata nel tempo, rispetto ai 6000 anni indicati nella Bibbia.Tra questi spicca Horace Benedict de Saussurre che gira per le montagne, scrive il libro “Voyages dans les Alpes” e istituisce un premio per chi riuscirà per primo a scalare il Monte Bianco. Il premio sarà appannaggio di Michel Gabriel Paccard e Jacques Balmat che salirono in vetta al monte più alto delle Alpi l’8 agosto 1786. De Saussurre salirà l’anno seguente in cima e il 15/7/1789, quando ancora a Ginevra non era giunta la notizia dello scoppio della rivoluzione francese, partì per fare il giro del Monte Rosa (così chiamato non dal colore, ma dalla parola “rosà” che, in patois, significa ghiaccio) Horace, in quanto nobile, subisce la rivoluzione borghese, ma sarà lui stesso il vero rivoluzionario per questo suo approccio nei confronti delle montagne. Morirà nel 1799.
Per concludere Ferrari ha ricordato come verrà realizzato CAST che si svilupperà su tre piani:
- il primo piano sarà dedicato alla storia dell’arrampicata, passando attraverso la scala dei gradi, il sesto grado, il suo superamento, l’arrampicata moderna e quella sportiva;
- il secondo piano tratterrà invece la storia dell’alpinismo, di quell’attività definita da Lionel Terray, seguendo una concezione romantica, come “la conquista dell’inutile”;
- il terzo piano parlerà di tre noti personaggi, accumunati dall’essere stati grandi alpinisti, grandi avventurieri e grandi esploratori: Alfonso Vinci, Carlo Mauri e Walter Bonatti.
A completamento del tutto vi sarà una parte dedicata alla protezione ambientale, partendo dal primo Parco al mondo (quello dello Yellowstone), per arrivare sino alle aree protette della Valtellina, in primis il Parco Nazionale dello Stelvio.
Alla conviviale era presente anche il Presidente Onorario Corrado Merizzi, accompagnato dal figlio Jacopo, anche lui grande alpinista, sassista, amico da lungo tempo di Marco Albino, col quale ha condiviso un mucchio di arrampicate, tanto da poter affermare che lui è bravo a parlare quanto ad arrampicare. Ha anche raccontato alcuni aneddoti di alcune sue avventure in Antartide.
Prima di concludere, sollecitato dai soci, Ferrari ha sottolineato che l’individuazione di alcune zone a riserva integrale, dove l’uomo non vi entrerà mai più, risponde alla concezione romantica della rinuncia, però bisogna fare molta attenzione perché l’uomo che vive sulle montagne deve avere la possibilità di poter svolgere la sua vita, al pari di tutti quelli che vivono in pianura.
Angelo Schena